lunedì 19 ottobre 2015

SUBURRA.
Regia di Stefano Sollima.
Con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano. Drammatico. Durata 130 min. Italia 2015


Non so da dove iniziare. Direi un noir come non ne vedevo da tempo. Personaggi che mi hanno fatto accapponare la pelle. Ho avuto paura mentre lo guardavo. Ne ero affascinato e impaurito allo stesso tempo. Troppo vicina la realtà narrata per esserne distaccato. Talmente accurato e malvagio da spaventare. "Numero 8" (un bravissimo Alessandro Borghi) appare come un demone dell'inferno. Manfredi Anacleti ( uno strepitoso Adamo Dionisi) idem. Samurai (un super Claudio Amendola, nonostante le mie perplessità iniziali sul ruolo) è regista freddo e calcolatore. Direttore di manovre miliardarie. Bravissimi anche gli altri, da Favino a Germano, dal giovane Ferrara alla Scarano. Non sono un tecnico, non "recensisco" con la tecnica ma con la pancia. Le belle storie sono tali quando le amano tutti. Quando sono fruibili a più livelli. Quando anche se sono già iniziate da un pezzo, ti incolleranno, ugualmente, alla poltrona. Chi riesce a smettere di vedere "Taxi driver", "Il cacciatore", "Barry Lindon", "Apocalipse Now", "Amarcord", "Guida per riconoscere i tuoi santi", "I guerrieri della notte", "La dolce vita",  "L'uomo che uccise Liberty Valence" , "Pulp fiction" , "Spartan", "Missing" e tantissime altre stupende storie messe in immagini? Riusciamo a farlo per "Romanzo Criminale" (film e serie) ? Riusciamo a farlo per Gomorra ( film e serie)?  Riusciamo per "House of cards" ? No, non ci riusciamo perché la storia è perfetta. Vicinissima e lontanissima. Particolare e universale. "Descrivi bene il tuo villaggio e descriverai il mondo" diceva quel genio di Dostoevskij. La Roma buia, piovosa, infernale di Sollima  è il mondo (e da Lei il mondo è nato), Ostia è il mondo. Come Coney Island per la New York delle bellissime Anabasi rivisitate de  "I guerrieri della notte", altro film irrinunciabile.

Poche volte ho avuto paura nel vedere un noir. 
Questa volta, nello scrutare il cristallo distopico  creato da De Cataldo e Bonini ( e da Rulli e Petraglia), ho avuto seriamente paura che la distopia riuscisse a scrutare me.
Non solo per la verosimiglianza delle scene, per la recitazione impressionante degli attori, per la vicinanza dei posti e della città ma anche per la solitudine che regna; per il senso di smarrimento che unisce tutti. Criminali senza riferimenti, in un mondo senza riferimenti. 
Forse, l'unico a preservare la memoria di qualcosa, è Samurai. L'unico ad avere lo spessore di testimone morale  del superamento del confine tra bene e male, tra legalità e illegalità. 
I ragazzi della Magliana concludevano le serate tra champagne, donne e coca. La bella vita riconoscibile, per uomini ancora riconoscibili. Sogni facili per rudi (ma ingenui) ragazzi da bar. 
In Suburra, invece, i sogni sono andati. Ammalorati, bruciati, contaminati dalle nostre solitudini di fragili consumisti, di onanisti tecnologici. 
In Suburra anche il male è liquido. 
Tutti contro tutti. Demone contro demone. 

Ho impiegato un giorno a liberarmi dalla sensazione maligna che la storia, bellissima e cupissima, ti mette addosso. Un giorno per  immaginare di nuovo i luoghi visti nella pellicola, alla luce del sole. Quella che vedi ancora sui volti delle persone oneste.















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