lunedì 19 ottobre 2015

SUBURRA.
Regia di Stefano Sollima.
Con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano. Drammatico. Durata 130 min. Italia 2015


Non so da dove iniziare. Direi un noir come non ne vedevo da tempo. Personaggi che mi hanno fatto accapponare la pelle. Ho avuto paura mentre lo guardavo. Ne ero affascinato e impaurito allo stesso tempo. Troppo vicina la realtà narrata per esserne distaccato. Talmente accurato e malvagio da spaventare. "Numero 8" (un bravissimo Alessandro Borghi) appare come un demone dell'inferno. Manfredi Anacleti ( uno strepitoso Adamo Dionisi) idem. Samurai (un super Claudio Amendola, nonostante le mie perplessità iniziali sul ruolo) è regista freddo e calcolatore. Direttore di manovre miliardarie. Bravissimi anche gli altri, da Favino a Germano, dal giovane Ferrara alla Scarano. Non sono un tecnico, non "recensisco" con la tecnica ma con la pancia. Le belle storie sono tali quando le amano tutti. Quando sono fruibili a più livelli. Quando anche se sono già iniziate da un pezzo, ti incolleranno, ugualmente, alla poltrona. Chi riesce a smettere di vedere "Taxi driver", "Il cacciatore", "Barry Lindon", "Apocalipse Now", "Amarcord", "Guida per riconoscere i tuoi santi", "I guerrieri della notte", "La dolce vita",  "L'uomo che uccise Liberty Valence" , "Pulp fiction" , "Spartan", "Missing" e tantissime altre stupende storie messe in immagini? Riusciamo a farlo per "Romanzo Criminale" (film e serie) ? Riusciamo a farlo per Gomorra ( film e serie)?  Riusciamo per "House of cards" ? No, non ci riusciamo perché la storia è perfetta. Vicinissima e lontanissima. Particolare e universale. "Descrivi bene il tuo villaggio e descriverai il mondo" diceva quel genio di Dostoevskij. La Roma buia, piovosa, infernale di Sollima  è il mondo (e da Lei il mondo è nato), Ostia è il mondo. Come Coney Island per la New York delle bellissime Anabasi rivisitate de  "I guerrieri della notte", altro film irrinunciabile.

Poche volte ho avuto paura nel vedere un noir. 
Questa volta, nello scrutare il cristallo distopico  creato da De Cataldo e Bonini ( e da Rulli e Petraglia), ho avuto seriamente paura che la distopia riuscisse a scrutare me.
Non solo per la verosimiglianza delle scene, per la recitazione impressionante degli attori, per la vicinanza dei posti e della città ma anche per la solitudine che regna; per il senso di smarrimento che unisce tutti. Criminali senza riferimenti, in un mondo senza riferimenti. 
Forse, l'unico a preservare la memoria di qualcosa, è Samurai. L'unico ad avere lo spessore di testimone morale  del superamento del confine tra bene e male, tra legalità e illegalità. 
I ragazzi della Magliana concludevano le serate tra champagne, donne e coca. La bella vita riconoscibile, per uomini ancora riconoscibili. Sogni facili per rudi (ma ingenui) ragazzi da bar. 
In Suburra, invece, i sogni sono andati. Ammalorati, bruciati, contaminati dalle nostre solitudini di fragili consumisti, di onanisti tecnologici. 
In Suburra anche il male è liquido. 
Tutti contro tutti. Demone contro demone. 

Ho impiegato un giorno a liberarmi dalla sensazione maligna che la storia, bellissima e cupissima, ti mette addosso. Un giorno per  immaginare di nuovo i luoghi visti nella pellicola, alla luce del sole. Quella che vedi ancora sui volti delle persone oneste.















mercoledì 14 ottobre 2015






Racconti, Friedrich Durrenmatt , Feltrinelli, euro 12,00.

 A essere rigorosi, dopo Céline, Durrenmatt, Pasolini, Carver,  Dostoevskij, Chandler  ( e molti che qui, ora, dimentico) dovremmo leggere libri diversi da quelli che si trovano, normalmente,  in libreria. Dovremmo tutti scrivere in altra maniera. Come nella pittura: dopo Picasso perché continuare a dipingere alberelli?
Semplice: sono in tanti a volere gli alberelli.

Sullo scaffale ho un libro che ho smesso di leggere dopo pochissime pagine. Si tratta di un romanzo noir. Inizia con una strage in commissariato. Buon ritmo, bella lingua. Tutto molto moderno.  Un cecchino spara dal palazzo di fronte. Muoiono molti agenti. Uno di questi si salva e assieme ai colleghi, riesce a identificare il piano da dove il killer ha sparato. Raggiungono il palazzo, entrano, scoprono una bella imbavagliata: e' la proprietaria dell'appartamento. Appena la liberano e lei si muove per la stanza, un poliziotto fa un commento sul bel corpo della stessa. Nulla di strano, ci mancherebbe, ma qui, ripeto, hanno appena sterminato persone che l'agente vedeva tutti i giorni! Mi spiego!? 
Un bel commento sul sedere di una donna e via! Ecco l'hard boiled secondo alcuni. Alberelli,  sono solo alberelli.

Scrivere come se Céline, Durrenmatt, Pasolini, Carver  Dostoevskij, Chandler e altri non fossero mai nati può anche essere fatto, ma che operazione è?  Che senso ha? E soprattutto, come ci si riesce? Con quale passione?

La morte è un evento misterioso. Un qualcosa di incomprensibile. La rifiutiamo, ne abbiamo paura. Quando in un romanzo, un essere umano pone fine alla vita di un altro, che lo faccia in preda alle passioni o per un disegno folle, in un certo senso, si porta con sé il segreto di questo disfacimento della carne. Ne diventa il custode. Un qualcosa di sovrannaturale si attacca a colui che ha avuto il coraggio di pronunciare l'impronunciabile bestemmia: la negazione della vita.
Cospargere il romanzo di morti ammazzati, come il proverbiale cacio sui maccheroni, però non migliora la struttura e la scrittura di un giallo.
Le prime pagine del racconto "La vuoi vedere una cosa?", in "Principianti", di quel geniaccio di Raymond Carver,  sono avvincenti, profonde, misteriose. In una parola sola: perfette. E non c'è  nemmeno un morto!

Per me, il più bel giallo di ogni tempo è "Delitto e Castigo" di Fedor Michajlovic  Dostoevskij.

Per me, uno dei più bei romanzi di ogni tempo è "Delitto e castigo" di Fedor Michajlovic  Dostoevskij.

Per me, una delle più belle descrizioni dell'animo umano si ha in "Delitto e Castigo" di Fedor Michajlovic  Dostoevskij.

Per me, l'interrogatorio più bello mai letto, tanto che dovrebbe essere insegnato all'università, è quello tra Porfirij Petrovic e Raskonikov in "Delitto e castigo" di Fedor Michajlovic  Dostoevskij...non devo continuare, vero?

Sfonda i confini tra letteratura e letteratura di genere l'autore geniale, accurato, ossessionato, accorato, che osa, che soffre, che ricerca, che si dispera per una parola da trovare. Conrad, per esempio, scriveva di avventure. Ma, a leggerle bene, sono tutte interiori, tutte nell'animo umano. Forse l'unica terra realmente misteriosa.

Come fare a leggere ancora di commissari e di assassini di bambini dopo aver letto "La Promessa" di  Friedrich Durrenmatt?   Non dimenticherò mai la faccia farfugliante di Jack Nicolson che nel bel film omonimo di Sean Penn, impersona il commissario Matthai. Mai.
L'assassino è fermato, non da Matthai ma dal caso. Il caso regna. Il caso comanda. Noi possiamo poco.
Ne "La Panne" vi è la ricerca della verità, non processuale, su fatti apparentemente non costituenti reato. Dopo questo strepitoso racconto è arduo misurarsi ancora con qualsiasi legal thriller. Recensire il maestro svizzero è dura. Ogni riga è densa come una tazza di cioccolata calda. Come un tartufo di Alba è prezioso e profumato. Denso di sapori e contenuti.
Trenta pagine di Durrenmatt hanno, a volte, la stessa profondità di trecento  di Dostoevskij o  di Céline.
Leonardo Sciascia è stato spesso accostato a Durrenmatt. Credo sia corretto. Anche per lui valgono le considerazioni fatte per lo svizzero.
Del resto, nessuno dei due dipingeva alberelli.




sabato 3 ottobre 2015


HAP E LEONARD ( "Una stagione selvaggia", "Mucho Mojo", "Il mambo degli orsi"), Joe R. Lansdale Einaudi stile libero, euro 18,00

Da dove iniziare? Beh, si, lo so. Allora, Hap è bianco, eterosessuale e vagamente progressista, Leonard, invece, è nero, conservatore e gay e..

-Si, ma chi sono ?


-Ah..giusto, sono una coppia di investigatori..no, non hanno la licenza. Dunque, sono due ragazzi..

- Ragazzi!? Ma non vanno per i cinquanta?

-Si giusto! Mmm.. sentite, facciamo così che facciamo prima: 
ci sono sti due che girano per il Texas e gli Stati Uniti e ficcano il naso in brutte faccende con la grazia di un  elefante fatto di LSD  in un intero supermarket di Swarovski. Mentre spaccano e distruggono tutto (a volte anche loro stessi) incidentalmente risolvono casi.

-Certo, la potevi scrivere meglio! 

-Si, vero, ma una recensione così è nel nostro.. mm...nello stile stesso delle loro avventure.

-Posso provare io?

-Va bene, sapientone, provaci tu.


-Allora, Hap Collins  e Leonard Pine sono una coppia di amici. Si muovono nel Texas, The  Lone Star State, lo stato della stella solitaria. Non so se ve lo ricordate. Siamo nel sud degli Stati Uniti, Dixie Land, dove "Old time there are not forgotten ", "i vecchi tempi non sono dimenticati"; qui è difficile muoversi per un nero, specialmente in città come Grovetown, dove uno sceriffo redneck come Cantuck (che poi non è tanto male) cerca di far rispettare la legge. Ma nemmeno è facile per un "bianco amico dei negri" come Hap. Ne "Il mambo degli orsi " i nostri partono alla ricerca di Florida, un' avvocatessa nera che ha spezzato il cuore di Hap.La ragazza si va a impelagare in una brutta vicenda,  lì, come dicevo,  a Grovetown..

-Sapientone, potevi iniziare da "Mucho Mojo", no?

-Giusto! 

-In "Mucho Mojo" A Leonard  viene letto il testamento dello zio. Eredita una casa e centomila dollari. Ma la casa confina con una base di spaccio. Allora Leonard si divertirà un mondo a incendiarla e a picchiare tutti i suoi occupanti.
- Seguito da Hap, giusto?

- Giusto, seguito da Hap.

- E perché non sei partito da "Una stagione selvaggia"?
Perché pare che sto tizio qui del blog, l'abbia letto prima dell'apertura del blog stesso. Ecco perché.

-Beh, fratello, almeno parlane.

-Ok, d'accordo

"Una stagione selvaggia", ovvero il recupero di una somma di denaro dopo una rapina finita male. Nostalgie del 1968, sogni infranti, la ex moglie di  Hap, Trudy; Paco e i Mechanics..

- Non ti sei certo sprecato.

- Ehi, voi due!

-Dunque potevi almeno dire.

-Hap e Leonard, la smettete!?

-Ma chi cazz..

-Sono quello del blog, dico mi fate dire due cose?

-Ok, mangiaspaghetti!

-Leonard ma perchè sei così? E se ti chiamasse "nero frocio", eh, non ti incazzeresti?

-..mm non so, forse si, ma sarebbe la verità

-Oh, dico, la smettete?
- Ok
- Ok, massa spaghetti ( hi! hi! )

-Come avete visto, questi due sono Hap e Leonard. Di recensioni, su di loro, ne ho lette tante. Molti, sul web, giocano a fare i sapientoni. Schiere di critici a dirci cosa va e cosa non va nei romanzi di Lansdale. Nella sua scrittura, nelle sue storie. 
Per me va tutto bene. Li leggo, mi diverto e rifletto.
Hap e Leonard sono quello che sono. Una delle coppie più improbabili della letteratura di genere e non solo. Una coppia non rassicurante per storie non rassicuranti. 
Non si cucina, non ci sono ricette, non ci sono paesini da cartolina. Una scrittura così, poi, difficilmente la incontri.
Mettete le descrizioni di James Lee Burke ma con una punta acida. L'umorismo di Chandler con parolacce da scaricatore di porto. Leonard, McCarthy, Ellroy mescolati con chili e magia dei ghetti neri. Più o meno questo è Lansdale.
Che dirvi? Buona lettura e buon divertimento, non rassicurante, ma abbondante e di qualità.

(-E che cazzo Hap! Perché non mi hai preso i biscotti alla vaniglia?
- Piantala di fare il cazzone Leonard, il blog è del mangia spaghetti, lascia stare, dai!)









martedì 8 settembre 2015




Il Professionista , GW. C. Heinz, Giunti, euro 12,00


Tishomingo Blues, Elmore Leonard, Einaudi Stile libero, euro 14,50



"Disse arriva dritto al punto, e dà ritmo alla frase. Non c'è bisogno di usare rispose, replicò, suggerì, affermò. Nulla. Allo stesso modo ho imparato che non serve un avverbio per spiegare come un personaggio dice una certa frase. Gli avverbi sono impicci dico sempre adesso che sono diventato un'autorità nel campo. Possono distruggere il ritmo della frase, distrarre, bloccare il flusso delle parole. Un avverbio è una parola dell'autore, non del personaggio; e se il primo deve farsi da parte, lo stesso vale per le sue parole. "

 E ancora:

"Sapevo che non volevo scrivere nello stile classico dell'autore onniscente, non ne avevo la voce, il linguaggio:studiando Hemingway capii che mi stavo avvicinando allo stile che volevo sviluppare: Poi lessi il Professionista ed eccolo lì, quello stile, in ognuna delle sue pagine"

 Questo è Ellmore Leonard nella prefazione al romanzo di Heinz. "L'unico bel romanzo sulla boxe che abbia mai letto"  dirà Hemingway.  Leonard svela, a scriventi e lettori, l'uovo di Colombo. Il trucco della semplicità: lasciare che siano i personaggi, attraverso i dialoghi, a raccontare la storia, a mostrarci quando siano arrabbiati, felici, innamorati, delusi o sconfitti. 
Farsi da parte, mostrare la storia così com'è. Heinz racconta di Eddie Braun cambiato nel più americano "Brown", (origini tedesche da tenere nell'armadio) pugile, e di Doc, il suo manager.  
Eddie si prepara per combattere per il titolo mondiale. Una vita di sacrifici e privazioni, di osservazione e applicazione. 
"Il pugno in sé non è niente di speciale disse Doc." Il segreto è trarre l'altro in inganno. I pugni sono quello che sono. Tutti li conoscono. Bisogna fregare l' altro in modo che si scopra e ci vada a sbattere contro".
Il manager di Eddie incanta e ammalia per tutto il libro. Si pende dalle sue parole, si crede a quello che dice. Tutto, detto da lui, acquista forza di verità lapalissiana; assioma psicomotorio propedeutico alla vittoria. Sacchi o Zeman, se lo hanno letto, avranno applaudito. La vita, però, è dominata anche dal caso e dai tanti Trap,  suoi ambasciatori. Scritto, infatti, è che per ogni Maradona ci sarà un Gentile a bloccarlo.
L'amico Bisozzi, innamorato del pugilatus, che conosce ogni cosa, che sa dirti di ogni viso e di ogni corpo, quanti pugni abbia preso prima del gong, lo aveva detto: "Leggetelo! Leggete quelle 3/4 pagine finali, che sono il succo della Boxe."
Aveva ragione e lo ringrazio.

Ma anche il socio Lombardo ce l'aveva quando mi aveva detto sognante: " Tishomingo, Tishomingo", per perdersi, poi, nelle sue canzoni Contiane.
"Tishomingo" dove Dennis Lenahan riesce a mettere il piatto in tavola ogni giorno tuffandosi da un'altezza che fa apparire la vasca una monetina o un'aspirina o una pralina. 
Fate voi.
Con dialoghi superiori, maestrie di classe e scioltezza, Leonard, mostra l'enunciato di cui sopra e rivela, ad accademici barocchi, come si racconta una storia. 
Noi italiani, snob di nascita, figli del "classico" e del Manzoni a oltranza, da poco approdati all'intrattenimento letterario ( ma persi per sempre in ricette regionali e detective rassicuranti), ci possiamo  permettere  una coppia come Hap ( liberal, bianco e donnaiolo) e Leonard (nero, gay e conservatore) dell'altro mostro Lansdale?
No. Non ancora. 
Ancora un'altra ricetta per favore! Ancora un 'altro farmacista o spazzino o  idraulico o  commissario o  brigadiere o giardiniere o  alpinista o  escursionista, qualsiasi cosa purché rassicuri, scaldi, rilassi e coccoli noi, piccoli, spaventati, europei del sud. 
Gli americani, invece, rassicurati da altre cosucce quali la serietà del proprio Stato, della propria economia, del proprio sistema fiscale, cercano, nella letteratura, canoni meno convenzionali e  conformisti. Si possono permettere di scherzare. 
They just want to have fun! E hanno ragione!

Dennis, il tuffatore, conosce  Robert, un gangster nero. Un amante del blues, delle belle donne e delle belle macchine, che per liquidare i pericolosi concorrenti della mafia sudista, si intrufola, in giacca confederata, nella rievocazione di una battaglia della guerra di secessione.  
Nel delta del Mississippi Robert Johnson inventa il Blues con "Crossroad"; a quell' incrocio vende l'anima al diavolo? Boh, chi lo sa!
Noi, invece, italici verghiani, amanti di delitti e soffritti, a chi l'abbiamo venduta?.. allo spirito di Artusi ?
Leggete gente, leggete! 
E' così che si racconta una storia, è così che si tiene il ritmo. Mani sul banjo e piedi in terra!

"La letteratura non deve risolvere i problemi, semmai "deve" segnalarli...Consciamente o no, uno scrittore coglie i segni e intuisce i tempi che verranno." (Joe R. Lansdale, in un'intervista al magazine XL, ottobre 2005)

Paisà, capisc?



giovedì 20 agosto 2015


“Balanons aveva grinta, ci sapeva fare, quel maledetto: aveva due serpenti al posto delle braccia: non saltellava: sgusciava, scattava come un ragno, un grosso malvagio ragnaccio, non falliva mai il bersaglio. mi resi conto subito che ci voleva un grosso campione per batterlo , e che Watson poteva pigliar su il suo agnellino e tornarsene a casa.”
Charles Bukowski, Addio Watson in “Storie di ordinaria follia”
 

Bam, bam, ba-bam!

La notte è una spugna nera imbevuta di acqua calda. Le zanzare, più che volare, sembrano  nuotare nel buio; questo le rende più cattive del solito. Niente sembra fermarle. Gerani, incensi speciali, creme, tutto inutile. Ci si può solo prendere a schiaffi e grattare fino a farsi uscire il sangue. A candele accese e lampadine spente, si ha, almeno, l’illusione  di un’oscurità ristoratrice.
Alle ventitré passate, sullo schermo, compare il ring. Un’ ara pagana illuminata a giorno.
Il presentatore fa il suo dovere. Poi compare la bellissima attrice bionda. Le presentazioni in inglese. I nomi pronunciati in modo da non finire mai. Diaz contro Marsili. Valevole per il Mondiale Silver dei leggeri Wbc
Ci siamo: arriva Diaz.
 Arriva Marsili, preceduto dal musicista-regista che gli ha dedicato una canzone.
Gli inni: il belga per l’arbitro, il messicano per Diaz e Mameli per Marsili. Finiscono.
La tensione sale. Gli ultimi preparativi.
Seconds out!
La formula magica. Il punto di non ritorno.
Così per Jake La Motta vs Sugar Ray Robinson
Così per Muhammad Ali vs Joe Frazier
Così per Marvin Hagler vs Thomas Hearns
Così per Evander Holyfield vs Mike Tyson
Così per Marsili vs Diaz.
Apriti sesamo.
Inizia.
A guantoni toccati, i due pugili saltellano e si studiano. Emiliano Marsili, (32-0-1), freme, Gamaliel Diaz (38-13-3), attende. Marsili ha lo sguardo di uno per il quale non esiste niente altro nell’universo. Diaz sembra più rilassato.
Marsili saltella continuamente, con una frequenza da arresto cardiaco. Lo sguardo fisso sull’avversario, le braccia basse in un invito, i movimenti veloci. E’ un bersaglio difficile per Diaz. Il messicano, che pure è stato campione mondiale dei piuma e dovrebbe essere abituato alla velocità, prova a toccarlo ma non lo prende. Il Tizzo ha la faccia scavata da italiano antico. Magro, le braccia lunghe, scuro, così scuro da sembrare lui il messicano. E su questo viso scuro, due occhi grandi, spalancati ed elettrici. Un volto così lo potresti trovare nelle foto di settant’anni fa, una di quelle in bianco e nero, dove uomini affamati faticano tra le macerie di città straziate dalla guerra, oppure di fianco a uno dei ragazzi in divisa, mandati dal regime in Albania, in Jugoslavia, in Libia. Armi ridicole, munizioni insufficienti, poco vitto e molta fatica. Rivedo la faccia di mio zio Giuseppe in Grecia. Magro allampanato ma con il sorriso spensierato di uno che avrebbe voluto tanto assaggiare il futuro. Invece, non gli è stato possibile.

Marsili è veloce, Marsili è attento, Marsili avvicina le navi con le braccia. 

Il messicano ha il fiato corto ma un bel pugno. Deve concludere facendo male se vuole vincere.
La prima, la seconda, la terza e la quarta ripresa. Ogni quattro round di leggono i cartellini: Marsili ha due vantaggi (40-36, 39-37) e uno svantaggio (38-39)
La quinta e la sesta volano. Marsili saltella, instancabile.
Alla settima Diaz colpisce Marsili con una testata. Proteste..non più di tanto. Marsili non è tipo da chiamare aiuto. Diaz, però, si becca una penalizzazione.
Ottava ripresa, seconda testata, secondo richiamo e seconda penalizzazione per il Messicano. Marsili ha un piccolo taglio in fronte. Si leggono i cartellini: 78-72, 77-74, 78-72. Per Marsili.
Diaz si innervosisce.
Nona ripresa. La strategia di Diaz, a questo punto, è quella di accorciare le distanze e costringere Emiliano allo scontro, da vicino. Spesso ci riesce. Spesso, non sempre; uno così allenato non lo prendi.
Inizia la decima. Ultime gocce d’energia per Diaz che rincorre, scivola, si rialza, sbuffa e va a vuoto.
Marsili ha ripreso a saltellare. Ogni tanto uno scambio: veloce, potente. Bam, Bam, ba-bam. Suona il gong.
Marsili non vede nessuno, distrattamente annuisce ai consigli del maestro.
Undicesima. Diaz smanaccia, Marsili è preciso, asciutto, veloce.
Bam, bam, ba-bam .. poi vienimi a cercare
Bam, bam, ba-bam..mettimi il sale sulla coda
Diaz sembra un ubriaco sceso da una giostra
Dov’è l’italiano? Era qui un momento fa..
-Ehi ese! Bam, bam, ba-bam!
-Ehi cumpadre, estoy aquí!   Bam, bam, ba-bam!
Ma il messicano è uno tosto e quando capita restituisce colpo su colpo. Combatte senza arrendersi, senza risparmiarsi. Combatte, e combatte, e combatte.
Come un gatto nel traffico urbano, il Tizzo schizza veloce, scarta di lato, si abbassa, si protegge. Rapido, frenetico. Tanto che ti domandi ma quanto si è preparato? Quanto ha corso? Quanto ha faticato? Quanto si è sacrificato? Quante rinunce ha fatto per arrivare sin qui, con questa forma e questa grinta?
Ma non c’è più tempo. Il match è finito.
Si leggono i cartellini. Diaz ha due punti di penalizzazione.
Barrovecchio: 115-111
Huerta 116-111
Rosa 117-110.
Marsili è veloce, Marsili è attento, Marsili avvicina le navi con le braccia..e vince.

Paolo Tagliaferri                                                                Civitavecchia, 5 agosto 2015

mercoledì 12 agosto 2015






Wiplash, (USA 2014) regia di Damien Chazelle, Con M.Teller,J.K.Simmons.   

Grande storia sulla creatività, il genio e la vita. Intorno a me fanno tutti finta che il messaggio di questo film sia troppo drastico; che l'insegnamento e l'apprendimento di un' arte possano avere ritmi più rilassati. Che lo sbocciare di un artista dipenda solo dalle migliori condizioni possibili. Non lo credo. E Bukowski allora? Emarginato e messo sotto dalla vita, costretto a fare piccole commissioni in cambio di un goccetto e a prendersi a pugni con i baristi nei retro dei locali di L.A., mangiando quando capitava e vivendo in tuguri? E Fante, che scrisse "Chiedi alla polvere" nutrendosi di arance a Bunker Hill e poi scoperto da Bukowski quando ormai il diabete gli faceva a pezzi il corpo? 
"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior".
il poeta Faber lo sapeva.
Fanno tutti finta che la creatività non nasca anche ( "anche" lo concedo, si, perché il genio può nascere "anche" in condizioni di rilassatezza e agiatezza) dalla rabbia, dalla miserie, dalla fame, dalla voglia di emergere e di farcela!
Ho amato questo film, come ho amato "Guida per riconoscere i tuoi santi" di Dito Montiel. Stessa rabbia, stessa passione, stesso coraggio.
Nel film, il maestro Terence Fletcher, interpretato dall'ottimo J.K. Simmons, dice all'allievo:  "Non esistono in qualsiasi lingua del mondo due parole più pericolose di bel lavoro". 
Giusto? Sbagliato ? Falchi o colombe? A Voi la scelta.  Questo film ha una musica strepitosa ( pezzi magici come "Caravan", "Wiplash" ecc.) e una sceneggiatura fantastica. Una scrittura in crescendo, un alzare l'asticella sempre più in alto, punti di svolta e  risoluzioni dei conflitti lasciati come mine vaganti sino al climax finale. L'attimo in cui nasce l'artista, il genio, colui che supera i confini. Stephen King, nel suo "On writing",  dice che le ostriche non fanno nascere le perle perché vanno a un seminario su come far nascere le perle. Nascono le perle perché un granello di sabbia si insinua. Contaminazione impura che crea perfezione.
Le imperfezioni della vita, i rancori, le costrizioni sono molle potenti; non le uniche, lo ammetto. Ma la vita, purtroppo, per quanto ho visto sin qui, è ("anche") uno sgomitare. Fare finta che non lo sia è pericoloso tanto 
quanto dire a qualcuno bel lavoro!
Dimenticavo.. "Bel Lavor.." No. 
 "Peccato poteva essere migliore questo film,  caro il nostro Damien Chazelle"! 
(così va bene!)

lunedì 22 giugno 2015



True detective, diretto da C.Fukunaga, scritto da N.Pizzolatto, con M.McConaughey,W.Arrelson,HBO

"Devi vederla!"
"Fantastica!"
"Un mito!"
"Non vedo l'ora che esca la seconda serie!"

Ho visto gli otto episodi della prima stagione.
Bella, non c'è che dire.
Atmosfere mefitiche da profondo sud paludoso e malarico. Redneck cattivi, motociclisti criminali, poliziotti ottusi, mogli arrabbiate, teenager tentatrici. Una coppia di detective che scopri man mano. L'introverso oscuro e l'estroverso sorridente, il debole e il forte, il retto e il vizioso.. ma chi è l'uno e chi è l'altro? 

Più interessati a scoprire chi sono che a scoprire chi è stato. Più concentrati nell'essere umano che nell'uccisore di esseri umani.Per me è qui la grandezza. La stessa, solita grandezza del viaggio dell' uomo e dell'eroe. 
Poi ci sono gli adoratori del diavolo, i cattivi, il Male, quello con la "M" maiuscola..ma questo è un pretesto.

 Del resto si sa, i mali del mondo vengono tutti dai satanisti, un po' come il traffico Benignano per la Sicilia.  In una certa visione del mondo esiste il Male e il Bene. Il Male è sempre trascendente  e mai nel mondo. Chissà.. un giorno scopriremo che anche i Kennedy, Martin Luther King, Malcom X, Olof Palme, Aldo Moro, Ken Saro-Wiwa, Anna Politkovskaja, Enrico Mattei, Abraham Lincoln, P.P.Pasolini, Giacomo Matteotti, Ettore Muti, i fratelli Rosselli, Giovanni Gentile, qualche milione di ebrei, qualche milione di Armeni, centinaia di migliaia di giapponesi nuclearizzati, i milioni di morti della prima e della seconda guerra mondiale, i desaperecidos dei golpe sudamericani, lo sterminio dei nativi americani del nord e del sud, tutti i cristiani e i musulmani delle crociate , le migliaia di donne bruciate perché "streghe", ecc. ecc....sono stati uccisi tutti dai... satanisti! Il vero unico problema del mondo!    Però sono otto episodi straordinari. 
Pizzolatto gioca con gli archetipi, sviluppa i personaggi o li fa regredire con maestria e suprema intelligenza. Affascina come Chandler e James Lee Burke. Ci introduce all'oscuro come Ellroy, snocciola sequenze d'azione come Don Winslow.
True detective è una grandissima serie, una delle più belle mai viste.
Un esercizio di genio e talento.
Uno spreco di genio e talento in cerca dei ...satanisti!
Un po' come mettere Piero Angela a fare una puntata sugli imbuti.

...Mbuti!